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		 Esso si differenzia dai suoi tanti omonimi 
		grazie alle sue forme più consistenti (simili a quelle di un antico 
		doblone)  
		e dalla sua fragranza di limone, caratteristiche che lo rendono 
		immediatamente riconoscibile tra tutti gli altri. 
		La caratteristica di questi dolci è nel loro 
		sistema di lavorazione: infatti sono dolci 
		realizzati ancora a mano e cotti su ferri a forma di grandi pinze, che 
		possono essere di 
		ghisa o di ferro. La loro lavorazione parte da un impasto particolare 
		fatto con le 
		migliori materie prime che vengono miscelate tra di loro seguendo un 
		ordine ben preciso e lavorate fino a quando la consistenza  
		dell'impasto non risulta nè troppo dura, nè troppo molle.  
		  
		Fatto ben riposare l'impasto, questo viene poi 
		diviso in tante piccole palline ("balote") di soli 3-4 grammi ognuna,
		 
		e quali vengono poi disposte sui ferri roventi, schiacciate dagli stessi 
		e cotte. A cottura ultimata (quest'ultima dura circa un minuto)  
		i canestrelli vengono velocemente estratti e messi a raffreddare in 
		appositi contenitori, i canestri, da cui il nome "canestrelli”.  
		Le sue particolarità si sono evidenziate ancor di più da quando, nel 
		2004, è entrato a pieno titolo nel "Paniere dei prodotti tipici  
		della Provincia di Torino” insieme con i
		suoi omonimi di Borgofranco, 
		Rondissone, Montanaro e Vaje. Ma se questo è il presente  
		el nostro dolce,  non di minor importanza è il suo passato. 
		Un passato umile e silenzioso, come la gente da cui nasce, 
		forse un po' schiva, ma concreta e tangibile nei momenti importanti. 
		Già nel 1401 il Neri trova i primi canestrelli 
		nei bilanci del capitolo eporediese 
		sotto il nome di "nebule", quale offerta fatta alla chiesa per pagare, 
		con cerexijs et brinijs" (ciliegie e prugne), attori-chierici e gli
		 
		organizzatori del ludo della pentecoste. 
		Le nebule sono cialde a base di farina e burro 
		che il Neri identifica nei "canestrelli”. 
		Da secoli, quindi, i Tonenghesi impastano burro, 
		uova, zucchero, olio, farina e strutto creando il denso impasto che, 
		ridotto in  
		palline da mani femminili, viene disposto sui  
		"ferri" (grandi pinze in ghisa), schiacciato e 
		cotto dagli uomini su fuoco vivo. 
		Considerando il costo degli ingredienti ed il peso della lavorazione, 
		sorge spontanea la domanda del senso di questo dolce,  
		soprattutto in un'area che storicamente non è mai stata ricca, se non 
		sotto il punto di vista umano. La risposta 
		molto semplice: 
 il"canastrel ad Tuneingh" è da sempre il nostro dolce nuziale, il dolce 
		dei momenti importanti, quelli dove uno "strappo” alla rigida  
		parsimonia contadina è concesso e dove anche i momenti di lavoro sono un 
		motivo di far festa, un momento per dimenticare  
		il quotidiano e di ritrovarsi tra amici e parenti per darsi un aiuto 
		reciproco. 
		Ogni anno la Pro Loco di Mazzè celebra il nostro "Canastrel” organizzando la "Sagra del Canastrel"  
		nelle vie del paese e preparando, seguendo rigidamente l'antica ricetta, 
		canestri / cestini e confezioni varie di questi prelibati dolci. 
		  
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